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QUELL’ULTIMO PONTE
Domenica 15/10/2000 alle 11 e 45 mi arriva una telefonata della Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Alpini che trasforma lo stato di allerta in ordine operativo: raduno di tutti i volontari a Sant’Ambrogio. Subito.
In un quarto d’ora preparo il sacco e parto (addio pranzo, proprio oggi che Irene mi aveva preparato la lingua con le olive!). Pioggia battente, strade deserte. A Sant’Ambrogio ci destinano a Bussoleno, ma la provinciale e gli accessi all’autostrada sono già sotto mezzo metro d’acqua. Si ritorna a Rivoli per poter imboccare l’autostrada che fino a Bussoleno è ancora agibile. A Bussoleno avevo casa quando i miei figli erano piccoli. Lì impararono a conoscere la natura, i fiori, le vigne, l’orto. Lì ebbero il loro primo gattino. Ora siamo alloggiati nelle scuole medie in centro al paese dove già ci aspettano un centinaio di persone evacuate dai vigili del fuoco dalle frazioni a rischio, Foresto, Mattie, San Giorio e da tutte le case del lungo Dora, persone stranamente silenziose e composte, Molte di loro sono state abbandonate quando avevano già l’acqua alla cintola. Impiantiamo la cucina (gli alpini non la dimenticano mai) e la centrale operativa. Io adibisco un’aula a sala visita e la sala professori ad infermeria con dieci posti letto in branda. Sì, perché nel frattempo è giunto un TIR con 60 brande del Ministero degli Interni, sistemate a due a due in contenitori in tela, complete di cuscini, materassi, lenzuola e coperte, bellissime. Pesano, ma gli alpini non tremano e in breve abbiamo cinque aule adibite a dormitorio, Ricovero subito due fratellini con distrofia muscolare e necessità di respirazione forzata per la notte, un cardiopatico scompensato e la moglie con insufficienza respiratoria grave e necessità di ossigenoterapia 18 ore al giorno, e due diabetiche in fase di scompenso perché fuggendo né hanno fatto l’insulina né l’anno portata con sé. Hò solo dell’Actrapid con me, ma va benissimo, anche se solo a tarda notte riuscirò a portarle sotto i 300 di glicemia. Ora ho un attimo di tregua e vado a vedere il ponte in ferro sulla Dora che è proprio sotto di noi e che ho attraversato tante volte coi miei figli. La Dora è una bestia furiosa e violenta che lo investe a una velocità folle e sta rosicchiando ora per ora il metro di spazio che le manca per sommergerlo. Ritorno più volte a vederlo e temo per lui. A mezzanotte mancano quattro dita a coprirlo ma lui resiste anche se è già coperto da una montagna di rami e di tronchi. Alle due smette di piovere: una luna splendida si affaccia tra le nuvole e disegna le creste delle montagne. Alle sei vado a vedere il mio ponte, Ha resistito, l’acqua è scesa di un metro e lui, impettito con il suo trofeo di alberi addosso, aspetta solo di essere liberato per ritornare a fare il ponte.